Da sempre sentiamo parlare di intelligenza cognitiva, strettamente connessa al sapere semantico che abbiamo della realtà, ossia l'abilità di pensare razionalmente, agire in maniera decisa e di gestire il proprio ambiente. Eppure ne esistono altre due, altrettanto fondamentali. Scopriamole insieme.
Come si misura il QI? Ci sono diversi test che vengono proposti, qualcuno si rifà anche a specifiche formule, calcolando il rapporto tra l'età mentale e l'età cronologica. Certamente i test sono un punto di partenza importante, ma intelligenti si nasce o si diventa? Per rispondere a questa domanda occorre rifarsi al concetto di NEUROPLASTICITA’: il nostro potenziale non dipende solo dai geni che abbiamo ereditato, ma dalle esperienze che mettiamo a disposizione del nostro cervello. E' proprio grazie agli eventi che sperimentiamo quotidianamente che nuovi neuroni, nuove sinapsi e in generali maggiori connessioni neuronali lo modificano letteralmente e fisicamente, impattando anche sulle sue abilità.
Negli ultimi decenni si è iniziato a parlare di intelligenza emotiva, che si rifà alla capacità di comprendere e gestire le emozioni. Le 5 competenze coinvolte nell'intelligenza emotiva sono: la consapevolezza di sé, la capacità di autocontrollo, la motivazione, l'empatia e le abilità sociali.
Come si misura il QE? A dire il vero non esiste una vera e propria formula, ma come suggerisce Daniel Goleman, psicologo statunitense che tra i primi ha approfondito questa ampia tematica, si può lavorare sulle proprie competenze per migliorarsi. Alcuni spunti possono essere la granularità emotiva, cercando i dati racchiusi dentro un’emozione, che talvolta sono solo nascosti ma che vale la pena esplorare consapevolmente al fine non di reprimerle, ma di accettarle e incanalarle in maniera proficua. Anche agire sulle proprie leve motivazionali e fare chiarezza nei propri obiettivi e valori rimane un’area di lavoro strategica, che è al di sotto della nostra sfera di controllo e su cui, quindi, abbiamo ampi margini di miglioramento.
Un’ultima intelligenza merita a mio avviso di essere menzionata: l’intelligenza relazionale. Nei contesti aziendali moderni è da tempo evidenziata la rilevanza delle soft skills. Mi sembra fondamentale ricordare che quando si entra in nuove relazioni e contesti professionali portiamo irrimediabilmente le nostre storie relazionali precedenti: esperienze, aspettative e ricordi influenzano come poniamo basi di conoscenza e confini con i colleghi, ma anche la fiducia che siamo in grado di generare e quindi il clima aziendale che andremo ad influenzare (e da cui verremo influenzati).
Non ci sono caratteristiche personali giuste o sbagliate, ma è importante ricordarci che maggiore sarà la nostra consapevolezza di come spinte e dinamiche passate ci portano a relazionarci con gli altri, maggiore sarà il nostro QR: quoziente relazionale.
Come possiamo svilupparlo e accrescerlo? Certamente è utile scavare in se stessi e più nello specifico farsi domande di auto-coaching, che possono aiutarci nell’esplorare le spinte passate che ci hanno condizionato. Ad esempio potremmo chiederci:
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che tipo di cultura relazionale è stata promossa nella mia famiglia d’origine?
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tendo a cercare più la sicurezza o l’indipendenza?
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sono più incline alla socialità o all’individualità?
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mi sento meglio nell’affrontare un progetto in autonomia o tramite l'interdipendenza con gli altri?
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cosa mi aspetto dagli altri?
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cerco più spesso connessione o competizione?