Per apprezzare il valore aggiunto che l’assertività può portare nelle nostre comunicazioni, partiamo dalla sua definizione: è la capacità di esprimere le proprie opinioni, emozioni e bisogni in modo chiaro e diretto, rispettando contemporaneamente i diritti e le opinioni degli altri.
Sembra semplice…eppure quotidianamente ci capitano situazioni sfidanti, che in qualche modo ci fanno migrare velocemente ai poli opposti del continuum comunicativo al centro del quale si colloca l’assertività, ossia comunicazione passiva e comunicazione aggressiva.
Ma andiamo con ordine e focalizziamoci per un attimo sull’assertività: dialogare tenendo presenti il diritto di esprimere chiaramente le proprie emozioni e bisogni, ma allo stesso tempo permettere all’interlocutore di fare lo stesso, offre il grande vantaggio di migliorare rapidamente la propria autoefficacia, le relazioni interpersonali (personali e professionali) e la propria autostima.
L’obiettivo è uno solo: affermare la propria posizione senza sminuire quella altrui.
Ma come si fa, nel concreto, a far convivere questi aspetti apparentemente contrastanti?
E’ certamente un’abilità che nella società attuale può farti arrivare lontano, ma che come tutte le soft skills (o competenze relazionali) va ampiamente compresa, allenata e auto-monitorata.
Prima di fare un esempio pratico, vorrei esplorare brevemente gli altri due stili comunicativi che purtroppo sono i più diffusi, che ho citato poco fa. Vediamoli insieme.
La comunicazione passiva è quella tipicamente messa in atto da chi vuole evitare conflitti, al punto tale da ignorare i propri bisogni e diritti. Messa in atto costantemente, questo stile comunicativo-relazionale può portare ad emozioni come tristezza, rabbia e frustrazione.
La comunicazione aggressiva, all’opposto, è tipica di chi vuole controllare e imporre le proprie idee, opinioni, bisogni, senza nessun tipo di sensibilità e rispetto altrui. Può essere esercitata in maniera palese o velata, magari usando l’aspetto paraverbale (tono, ritmo incalzante) o quello non verbale (postura, espressioni facciali) più che quello verbale (contenuto). Questo non cambia il tipo di “imposizione”, che crea tensione e conflitto.
La comunicazione assertiva si trova quindi in mezzo a questi due estremi.
Ma vediamo un esempio pratico.
REAGIRE AD UNA SITUAZIONE IN CUI CI SENTIAMO NON RISPETTATI
Poniamo il caso che in una discussione (di lavoro o familiare) l’interlocutore ci sovrasti senza darci la possibilità di esprimere ciò che vorremmo. Questo è il tipico caso in cui il nostro cervello più primitivo (rettiliano) mette in atto la sua reattività da “istinto di sopravvivenza”, che governa principalmente due tipi di risposta fight/fly (combattere o scappare).
In entrambi i casi non abbiamo grande margine per portare la discussione ad un livello win-win, ossia che faccia bene a tutti gli attori in campo, come l’assertività ci insegna.
Cosa fare allora?
Stabilire i confini (emotivi, cognitivi e relazionali) diventa quindi il primo passo da compiere per interrompere un potenziale circolo vizioso. Questo si può fare definendo chiaramente con l’interlocutore cosa è accettabile e cosa non lo è.
Ad esempio, si può dire: “Non vorrei interromperti, ma ci terrei a esporti il mio punto di vista. Io ascolto il tuo parere, ma ci tengo che tu mi permetta di esporre il mio. Posso finire il mio discorso?”
Un’altra opzione è mettere davanti il proprio disagio di fronte a certe modalità. Ad esempio: “Sento disagio nel proseguire questa conversazione in questi toni. Mi piacerebbe che rispettassi il mio punto di vista anche se è diverso dal tuo”.
Talvolta può anche essere utile proporre un’alternativa, che possa in qualche modo posizionarsi a metà strada tra la propria opinione e quella altrui. Apertura e flessibilità sono sempre alleati preziosi nelle comunicazioni interpersonali.
Quindi, ad esempio in una situazione in cui si vuole dire di no con assertività, si può anche optare per un’opzione di questo tipo: “Non posso accettare/non mi sento di fare ciò che mi stai chiedendo, ma se vuoi possiamo……”.
L’assertività offre anche un’importante occasione: quella di dare un feedback, l’occasione per promuovere la crescita personale nostra e altrui.
Ad esempio, invece di dare un giudizio negativo sulla persona (“sei aggressivo, mi stai trattando male, sei maleducato, etc.”), la comunicazione assertiva può diventare così: “Ci tengo molto al tuo parere, ma il modo con cui me lo stai dicendo mi fa sentire a disagio/aggredita/triste”.
Per concludere: l’assertività si impara allenandosi quotidianamente. Ci vuole tempo, conoscenza di se stessi, autocontrollo ed autostima.
Può essere difficile inizialmente, ma è una competenza che migliorerà significativamente le relazioni, la consapevolezza emotiva, la capacità di ascolto, l’empatia, la leadership e il proprio senso di benessere psicologico.
Bibliografia
Anchisi, R., Gambotto Dessy, M. (1989). Non solo comunicare (teoria e pratica del comportamento assertivo). Cortina, Milano.
Berckhan, B, Piccolo Manuale di autodifesa verbale (2012), Feltrinelli
Berckhan, B, Piccolo Manuale per imparare a fare e a ricevere critiche (2014), Feltrinelli
Sanavio, E., Sanavio, F. (2023). Training di comunicazione assertiva. Conoscere, valutare e potenziare comunicazione e relazioni interpersonali. Erikson.