Gli stati comportamentali del neonato: conoscerli e ri-conoscerli per favorire la sintonizzazione relazionale

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E’ un retaggio culturale molto diffuso che il neonato non abbia chiari né i suoi bisogni né le modalità con cui “spiegarsi”. Per secoli il neonato è stato considerato una tabula rasa, a cui il genitore doveva rispondere insegnando o, viceversa, un incontenibile manipolatore, furbo e capriccioso al punto da obbligare i neo-genitori a fare qualsiasi cosa.

L’evidenza empirica e gli studi condotti già nella vita uterina (quindi in fase pre-natale) ci confermano oggi che entrambe le visioni sono obsolete e assolutamente non aderenti alla realtà: negli ultimi 50 anni ci si è accorti che il bambino ha delle capacità (competenze) dalle quali poi si sviluppano conoscenze più complesse. Lo sviluppo psichico, la mente, non cominciano con l’acquisizione del linguaggio, ma molto prima.

L’Infant Observation di Bick ed Harris ha dato prova delle funzioni mentali del neonato e, successivamente, l’Infant Research ha iniziato a cercare risposte alle domande su quando e come si origina lo psichismo neonatale.

E’ proprio lo sviluppo fetale a rappresentare oggi una delle frontiere delle attuali ricerche di scienze psicologiche e delle neuroscienze.

Le neuroscienze hanno mostrato che la maturazione biologica è un processo che avviene solo tramite l’esperienza e che la qualità di tale esperienza determina il tipo di maturazione.

L’esperienza acquisita condiziona la maturazione neurale (Allan Schore): sono le connessioni relazionali che determinano le connessioni neurali, non il contrario.

La mente, quindi, non si sviluppa automaticamente: la struttura psichica, come anche la patologia, è determinata delle esperienze pregresse e soprattutto da quelle che avvengono durante i primissimi mesi di vita.

In altre parole, possiamo dire che il bambino ha bisogno di qualcuno che “moduli” la conoscenza che sta acquisendo: la mente è relazionale (Siegel).

Ecco quindi che il caregiver, il genitore, ha una funzione essenziale per l’apprendimento nei primi anni di vita: egli determina e modella, nel bene e nel male, lo strutturarsi della mente dei futuri individui.

Fatta questa debita premessa, è importante tuttavia essere consapevoli che il neonato nasce con alcune chiare competenze che esercita fin dai primi momenti di vita: distingue la voce della mamma dalle altre (l’hanno sentita e ascoltata attentamente fin dalla vita uterina), distingue i sapori dolci da quelli salati, avverte l’odore del latte materno, ma ciò che più di tutto lo attrae è il volto umano, di cui osserva attentamente e tenta di imitare le espressioni facciali.

E’ importante conoscere quelli che Klaus (1972) ha definito essere i 6 stati comportamentali che il neonato attraversa alternativamente nell’arco della sua giornata: comprenderne i segnali, cogliere ciò che il vostro piccolo vuole comunicarvi è un prezioso alleato di sintonizzazione nella relazione che si sta creando. Adattarvi ai suoi bisogni e allinearvi per offrire una presenza pronta, sensibile e responsiva può aiutarvi a capire quali sono i momenti migliori per dormire, mangiare o interagire con il neonato.

Vediamo quindi insieme quali sono questi stati.

1° stato: SONNO PROFONDO – Il neonato dorme immobile, a volto rilassato, respiro lento e regolare. Non si sveglia facilmente.

2° stato: SONNO REM - Il neonato dorme, ma compie piccoli movimenti, ha gli occhi chiusi ma al di sotto le palpebre si muovono (sonno REM). Possono comparire smorfie o espressioni di suzione come se avesse il seno in bocca, può emettere dei piccoli versi e il suo respiro è irregolare; reagisce agli stimoli (rumori, movimenti). E’ una fase molto importante per l’apprendimento di ciò che è avvenuto precedentemente in fase di veglia, quindi non va stimolato o svegliato.

3° stato: TRANSIZIONE SONNO-VEGLIA – il neonato passa ad uno stato di dormiveglia, compie piccoli e lenti movimenti, si stira o si succhia la manina, tiene gli occhi semi-chiusi, il viso mostra espressioni come smorfie o sbadigli, o brevi lamenti. Il respiro è irregolare e reagisce agli stimoli. Questo è un momento transitorio verso un’altra fase, generalmente o di sonno REM o di risveglio completo. Può essere utile comprendere cosa vuole fare il neonato, evitando di stimolarlo: potrebbe infatti velocemente scivolare nuovamente nel sonno REM.

4° stato: VEGLIA TRANQUILLA – in questa fase gli occhi sono aperti, seguono i movimenti e gli stimoli ambientali. Il neonato è attento, tende a cercare lo sguardo di chi gli è intorno, fa movimenti finalizzati. Solitamente il suo viso è rilassato e può imitare le espressioni dei genitori. Emette dei vocalizzi, reagisce se stimolato e il respiro è regolare. Più cresce più questa fase si prolunga, mentre nei primissimi mesi il tempo in questa fase è molto ridotto.

Questo è il momento migliore per relazionarsi con il neonato: sta esplorando, ha un atteggiamento curioso, vuole “farsi un’idea” del mondo intorno a sé ed è predisposto all’apprendimento. I genitori possono mettere a frutto questa fase per interagire e nutrire emotivamente il loro bimbo.

5° stato: VEGLIA AGITATA – in questa fase il neonato è agitato, con respiro irregolare. Tiene gli occhi aperti ma non focalizzati su nulla di specifico, si muove velocemente senza coordinamento, possono esserci degli “scatti” del corpo, il viso può irrigidirsi e contrarsi. In questa fase si assiste spesso a dei sussulti, caratterizzati dalla schiena inarcata e le braccia tese verso l’esterno. E’ opportuno fare caso quando il neonato entra in questo stato e cercare di cogliere preventivamente quali siano le cause.

6° stato: PIANTO – la veglia agitata è seguita dal pianto, caratterizzata per l’eccessivo movimento disorganizzato, l’espressione del volto agitata con colorito pallido o rosso, gli occhi sono serrati o spalancati, il respiro è molto irregolare e ci possono essere apnee e singhiozzi; il bambino può piangere con o senza lacrime.

Quando il neonato piange è necessario che i genitori imparino ad interpretare cosa sta cercando di comunicare, anche se non è mai semplice. Tuttavia, osservandolo, restando in ascolto e a contatto con lui, si può imparare a comprendere il suo carattere individuale, le sue attitudini temperamentali e quelle abitudini che lo possono confortare.

Si può passare in rassegna delle cause principali del disagio: ad esempio se sono stati modificati orari, luoghi di accudimento, se il pannolino ha bisogno di essere cambiato, se ci sono stimoli sonori o luminosi che lo disturbano.

Le cause più frequenti da attenzionare sono: fame, sonno, pannolino sporco, richiesta di contatto (di essere preso in braccio e “contenuto”, perché era abituato ad essere in un ambiente rassicurante e circoscritto nella pancia della mamma), troppo caldo/troppo freddo, tensioni ambientali (il bambino è molto sensibile e coglie facilmente se il suo caregiver è preoccupato/teso/agitato, anche involontariamente), malessere (rigurgito, reflusso gastroesofageo, coliche gassose, nasino chiuso).

Comprendere gli stati comportamentali del neonato non metterà al riparo i genitori da eventuali “errori di comprensione”, ma li può aiutare ad adattarsi alle esigenze del neonato, tenendo conto di alcuni elementi fisiologici e neurobiologici che permettono di interpretare e “leggere” al meglio segnali e bisogni.

Bibliografia

  1. Volta. Nascere genitori (Urra, 2008)

  2. J. Siegel. La mente relazionale (Cortina. 2021)

  3. Allan Schore.  Affect Regulation and the Origin of the Self

  4. Klaus, M. (1972)